Vol. 6 No. 2 (2013): Trascendentalità e traduzione
Il fascicolo contiene alcuni dei contributi presentati nel corso del convegno Trascendentalità e traduzione. Di che cos’è traduzione l’esperienza? svoltosi a Torino il 24 e 25 maggio 2012. Il campo trascendentale non è certamente l'ambito delle scienze pure, della logica o della matematica formali; non è però nemmeno l'ambito della scienza della cultura, la commistione dei saperi che determina in qualche modo la migliore delle epistemologie possibili. All'inizio della modernità, tra Cartesio, Hume e Kant, la filosofia ha rivendicato a sé un ambito proprio della fondazione che, per così dire, confina da una parte con la scepsi radicale e dall'altra con la metafisica. Tanto i pensatori dell'idealismo tedesco (qui considerati nei contributi di Klaus Vieweg, di Gaetano Rametta e di Davide Sisto) quanto i critici della fenomenologia trascendentale ( qui considerati nei contributi di Pierre Montebello, di Dimitri Ginev e di Roberto Terzi) hanno visto nei limiti posti dalla «filosofia trascendentale» l'ostacolo che avrebbe pregiudicato l'accesso alla «vita». L'impianto delle categorie previsto da Kant non avrebbe potuto coincidere con i limiti posti dalla ragione, né all'esistenza umana avrebbe potuto essere negato il ruolo avventuroso di una ricerca imprevedibile: le sei prospettive qui illustrate, per quanto difficilmente conciliabili, concordano en retour sul «trascendentale» da cui provengono.