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Tra i miti dell’Occidente, quello di Prometeo spicca per importanza e ricchezza, incentrandosi intorno alla genesi stessa dell’essere umano che, grazie al dono della tecnica, si distingue tanto dal divino quanto dall’animale. In questo senso, l’apporto teorico della figura del Titano, e quindi del mito, starebbe nella delineazione dell’uomo come essenzialmente tecnico, che ritrova nel dono di Prometeo il suo tratto distintivo. Grazie alla tecnica, identificata nel Titano, si assisterebbe all’emersione di un nuovo spazio dove si insedia la vicenda storica dell’uomo.
Tuttavia, a tal fine – e seguendo il Protagora platonico – Prometeo non basta. È necessaria anche un’altra figura: Ermes, dio eponimo dell’ermeneutica. Seguendo la versione platonica il dono del Titano non salva l’uomo, che rimane disperso e incapace di vivere in comunità. Sarà soltanto l’arrivo di Ermes in un secondo momento che, tramite la tecnica politica, permetterà agli uomini di vivere insieme e quindi di avere effettivamente storia. Questa è, ad esempio, la lettura offerta da Bernard Stiegler: Ermes rappresenta il carattere propriamente ermeneutico di un pensiero che si interroga sull’origine dell’essere umano. In questo senso, dunque, non sarebbe sufficiente concentrarsi solo sull’aspetto tecnico-prometeico per comprendere l’umano, ma questo andrebbe concepito come intrecciato al necessario momento simbolico, a cui sarebbe connessa la natura storica, e quindi di senso, di ogni produzione umana. Tuttavia, questo non è l’unico modo di intendere il rapporto tra queste due figure: nel Prometeo incatenato di Eschilo, infatti, Ermes compare in prima linea tra gli aguzzini del Titano, cercando di punirlo ed estorcergli il segreto che reca con sé, finendo però sconfitto in astuzia. In questa versione, Ermes assumerebbe il ruolo di custode e protettore di un ordine ormai superato proprio dalla novità e dalla sfida posta dal Titano, rendendo così problematico il rapporto tra ermeneutica e filosofia della tecnica.
Assumendo queste due figure come i rappresentanti rispettivamente della filosofia della tecnica e dell’ermeneutica, la domanda circa il loro rapporto è ciò da cui muove il seguente volume di Trópos: filosofia della tecnica ed ermeneutica possono porsi in dialogo? In che modo? In caso di risposta affermativa, in che modo andrebbero riletti l’aspetto ermeneutico e tecnico dell’umano? Il fatto che Ermes giunga dopo Prometeo indica, al di là della prospettiva stiegleriana, l’impossibilità di una filosofia della tecnica senza ermeneutica? Oppure Ermes rimane, come in Eschilo, strenuo avversario di Prometeo e destinato da questi ad essere sconfitto? Che cosa comportano queste alternative per la definizione e il futuro dell’umano?