RISCRIVENDO LA COMPLESSITÀ. DUE OPERE TARDIVE DI EÇA DE QUEIRÓS E JOSÉ SARAMAGO
DOI:
https://doi.org/10.13135/2384-8987/1416Parole chiave:
Adamo, Antico Testamento, mito, ragione, fede, Caino, complessità, Eça de Queirós, José Saramago, stile tardo.Abstract
Lungi dall’abdicare alla veemente critica sociale che caratterizza le sue prime opere, la produzione letteraria tardiva di Eça de Queirós appare piuttosto come il punto in cui converge un irrisolvibile intreccio di ideali antinomici. Ce lo spiegano molto chiaramente Miguel Real e Ana Nascimento Piedade, che rifiutano un’interpretazione datata dei racconti tardivi dello scrittore, secondo cui essi sarebbero stati scritti sotto l’egida di un risveglio del sentimento religioso, fino ad allora energicamente rifiutato; gli studiosi optano per un’analisi che guarda alla problematicizzazione del messaggio letterario contenuto nei Contos, e la associano a una perdita di fiducia nell’impegno politico e sociale. Miguel Real, in particolare, riscontra in Eça un abbandono della militanza che ritrova, a un secolo di distanza, in José Saramago. In questo lavoro, poniamo la lente sul racconto Adão e Eva no paraíso, che riteniamo estremamente esemplificativo della parabola discendente dell’opera queirosiana, e lo mettiamo a confronto con l’affine rilettura veterotestamentaria di Saramago, il romanzo Caim. Entrambe le opere, pure con evidenti differenze formali, si presentano come un elogio dell’emancipazione della ragione umana rispetto alla fede; ma mentre il Saramago anziano non abbandona il livore nell’attacco al culto cristiano che ha caratterizzato le sue opere precedenti, Eça appare molto più cauto, aperto e a tratti contraddittorio: si tratta di una differenza radicale tra i due scrittori o, piuttosto, di un modo differente di manifestare la medesima condizione di senilità? Optiamo per la seconda ipotesi, con l’aiuto della letteratura critica.
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