Il gusto dell’educazione: la tradizione indiana e l’esperienza dell’imitazione artistica
DOI:
https://doi.org/10.4000/mimesis.2560Parole chiave:
rasa, Indian aesthetics, imitation, acting, aesthetic experienceAbstract
Nella tradizione dell'estetica indiana, Il concetto di rasa fa riferimento a un'esperienza che ha il duplice esito del piacere e dell'istruzione, che il mito di fondazione delle arti performative nel primo capitolo del Nāṭyaśāstra indica essere l'obiettivo del "quinto Veda". I commentatori del trattato attribuito a Bharata hanno sviluppato il concetto di rasa, spesso divergendo nelle conclusioni, che Abhinavagupta (x-xi sec.) riassume e discute nella sua esegesi del Nāṭyaśāstra. L'eclettico mistico e filosofo shivaita kashmiro interpreta l'esperienza dello spettatore come la condivisione degli stati rappresentati sulla scena dal performer, "generalizzati" al di là di ogni peculiarità individuale e pertanto offerti come una piacevole "gustazione" delle emozioni nella loro espressione universale. Tale gustazione è fatta corrispondere a un'esperienza non-ordinaria, non-mondana, alla coscienza della non-dualità dell'universo stesso. Il compito del poeta e dell'attore, allora, non è "imitare" la realtà nel senso corrente del termine, ma purificarla dai suoi tratti occasionali al fine di giungere alla conoscenza delle cose come sono realmente, il fine ultimo di un percorso educativo.