Collezioni, collezionisti, collezionismo. Origini e futuro della memoria del cinema (#45)
L’esistenza del collezionista è dunque in dialettica tensione tra i due poli dell’ordine e del disordine… Poi, ha un rapporto con gli oggetti che di quelli non esalta la funzione, lo scopo e l’uso, bensì li studia e li ama come palcoscenico del loro destino… Massima delizia del collezionista è racchiudere il singolo oggetto entro un cerchio di protezione in cui l’oggetto si cristallizza…Per il vero collezionista, in ogni singolo pezzo della sua collezione tutto si fonde in un’enciclopedia magica, il cui significato sta nel destino di quell’oggetto. È proprio qui… che si intuisce come i grandi fisiognomici - e i collezionisti sono i fisiognomici del mondo oggettuale – si facciano indovini e veggenti.
Walter Benjamin, Estraggo la mia biblioteca dalle casse. Discorso sul collezionismo [1]
La presente call for essays si inserisce nell’alveo delle iniziative previste dal PRIN 2022 “MOV.I.E. Musei del cinema e patrimonio audiovisivo: prospettive storiche, strategie di valorizzazione, ecosistemi contemporanei”, con l’intento di sollecitare contributi che prendano in considerazione in particolare il ruolo dei collezionisti e del collezionismo, sia in riferimento all’origine e alla formazione delle collezioni del cinema (pellicole, macchine e tecnologia, documenti extrafilmici, memorabilia ecc.), sia in riferimento ai processi di patrimonializzazione del cinema stesso, in relazione all’istituzione e alla storia di cineteche, musei e archivi, sullo sfondo delle questioni teorico-metodologiche che questa storia richiama.
Lo studio delle pratiche del collezionismo (dalle origini alla contemporaneità), il rapporto tra la dimensione privata e quella pubblica, tra il mercato e le politiche di acquisizione da parte degli enti preposti alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio cinematografico, costituirà uno scenario nel quale situare approfondimenti che consentano di focalizzare le questioni che riguardano la progressiva messa in valore di un heritage che chiede di essere riconosciuto, quindi custodito, tutelato, conservato, e inoltre di essere condiviso, esposto, mostrato, comunicato.
In un recente saggio dedicato alla questione, Donata Pesenti Campagnoni [2] tratteggia quell’avventurosa storia che ha visto oggetti e documenti dimenticati, recuperati fortunosamente da qualche lungimirante figura pionieristica, passare dallo statuto di “scarti” a quello di “semiofori”, riecheggiando termini proposti da Krzisztof Pomian nei suoi studi sul collezionismo, dalla dimensione privata e personale, a volte idiosincratica e istintiva, a quella di oggetti/valore commerciabili o istituzionalizzabili. Pesenti Campagnoni indica bene alcune delle aporie e contraddizioni o problematicità che riguardano una storia e un percorso che incrocia questioni ulteriori, alla luce del più generale e complesso processo di patrimonializzazione e musealizzazione del cinema, un processo che oggi fa i conti con le key words più aggiornate di ogni discorso museologico o legato al patrimonio culturale. Ma il patrimonio del cinema, e la questione/tornasole del collezionismo, interrogano e mettono alla prova queste key words in modo decisivo, portandosi dietro tutto il paradosso e la forza di un riconoscimento ancora recente, rispetto ai beni culturali tradizionalmente connessi all’idea di museologia e patrimonializzazione, esigendo una prospettiva capace di accogliere una tipologia molto variegata di feticci, cimeli, reliquie, testimonianze, documenti, opere (film), che modificano il loro statuto nel tempo e nello spazio, e di trovarne la legittimazione, le connessioni, il portato valoriale, sia in senso economico che culturale.
La citazione benjaminiana posta in esergo, nella descrizione quasi poetica del collezionista e delle sue attitudini e peculiarità, indica in realtà con precisione alcune delle questioni fondamentali che riguardano ogni discorso sul collezionismo. La tensione tra ordine e disordine, che implica o evoca questioni legate ai criteri su cui si fonda e costruisce la collezione, l’idea di una possibile selezione, di riordino, catalogazione ecc…; il destino degli oggetti, al di là del loro valore funzionale o di uso; la polarità tra la cristallizzazione e quello stesso destino che abbiamo richiamato anche con Pesenti Campagnoni; l’enciclopedia magica che una collezione, nella sua stessa logica interna, attiva, in base all’intuizione di indovini e veggenti che hanno raccolto scarti capaci di divenire semiofori, come spesso è accaduto alle collezioni del cinema alla base di molte delle più importanti istituzioni museali o archivistiche contemporanee.
Basterebbero le parole di Benjamin a suggerire diverse piste per problematizzare la questione (o le questioni) al centro di questa call. Tuttavia, può essere utile provare a ricondurre i concetti e le considerazioni sin qui esposti alle più sistematiche definizioni di “Collection” e di “Collectionism/Collecting” proposte dall’ICOM (International Council of Museums) nel recente Dictionary of Museology curato da François Mairesse : “A collection is a gathering of tangible or intangible objects, which and individual or an establishment has assembled on the basis of some common characteristic, classified, selected and preserved outside the circuit of their initial use, and sometimes displayed to an audience”; “Collectionism defines a set of human activities focused on the acquisition (through purchase, collection, excavation, trade or theft) of objects with the aim of forming a collection. These activities (prospecting, planning, research and acquisition) may be conducted both by individuals (collectors) and institutions (museums, libraries, archives, databases)”[3]. Tali definizioni non escludono l’elemento soggettivo o addirittura patologico eventualmente connesso alla pratica collezionistica: “The concept of ‘collectionism’ may be used generally to describe an activity practised by a large portion of humanity, related to the collector’s personality or the institution’s acquisition policy, but also pejoratively, to a pathology. ‘Collectionism’ is described as collecting objects, some of which may have no value, compulsively and obsessively (in which case the term ‘collectionitis’, and in a psychiatric setting, ‘compulsive hoarding’ or ‘collectomania’, may be used)”[4]. Naturalmente, nel dizionario pubblicato dall’ICOM, le voci relative all’orizzonte concettuale cui ci riferiamo in questa call si complicano in un articolato insieme e sottoinsieme di altre voci (tra cui “ Collection (Public/Private)”, “Collection Archivist” “Collection Policy”, “Collection(s) Management” ecc.), cui si rimanda per una mappa di riferimento più generale.
Questa call riferisce all’ambito del cinema tali questioni, sollecitando saggi di impostazione storiografica o teorico-metodologica più generale, ma anche case studies che consentano di aggiornare lo stato della riflessione, rivolgendosi a studiosi e studiose, ma anche a responsabili di archivi e collezioni, a conservatori/conservatrici ecc.
Linee di interesse:
- Pratiche collezionistiche e collezionisti/e dalle origini a oggi
- Collezioni di film/Collezioni di cinema, musei e cineteche
- Riordino, catalogazione, conservazione e tutela
- Pellicola/Film
- Macchine e tecnologia
- Documenti e oggetti di produzione
- Ephemera/memorabilia
- Politiche di acquisizione e mercato
- Pubblico/privato
- Digitalizzazione
- Sostenibilità
- Valorizzazione, esposizione, mostre
- Memoria del cinema e memoria collettiva
- Fandom/Cinefilia
Inviare la proposta a giulia.carluccio@unito.it, s.rimini@unict.it e eden@unito.it in forma di una breve sintesi (massimo 2000 caratteri spazi inclusi, in italiano e in inglese) corredata da una breve nota biografica dell’autrice/autore (massimo 500 caratteri spazi, inclusi). La scadenza per la presentazione delle proposte è il 30 novembre 2024; qualora accettata, la scadenza per la consegna del saggio completo è il 31 gennaio 2025.
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Bibliografia di riferimento
La bibliografia che segue è costruita secondo criteri di essenzialità, in riferimento specifico a questioni che riguardano in modo selettivo il tema del collezionismo, non solo cinematografico, prescindendo da una più generale bibliografia riferita alla museologia e agli archivi del cinema. Per coloro che lo desiderassero, le curatrici possono mettere a disposizione una bibliografia più esaustiva elaborata per il progetto già citato PRIN 2022 MOV.I.E. Musei del cinema e patrimonio audiovisivo: prospettive storiche, strategie di valorizzazione, ecosistemi contemporanei/ MOV.I.E. – Moving Images Exhibitions. Film museums, audiovisual heritage: historical perspectives, strategies of enhancement and contemporary ecosystems.
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Benjamin Walter, Estraggo la mia biblioteca dalle casse. Discorso sul collezionismo (1931), trad. it. G. Moly Feo, Luni Editrice, Milano 2023
Bjarkman Kim, To Have and to Hold. The Video Collector’s Relationship with an Ethereal Medium, in “TELEVISION & NEW MEDIA”, Vol. 5 No. 3, August 2004, pp. 217–246
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[1] Walter Benjamin, Estraggo la mia biblioteca dalle casse. Discorso sul collezionismo (1930-1931), trad. it. G. Moly Feo, Luni Editrice, Milano 2023, p.23
[2] Donata Pesenti Campagnoni, In origine erano scarti, in G. Carluccio, S. Rimini (a cura di), Musei del cinema e patrimonio audiovisivo. Prospettive a confronto, Kaplan, Torino 2024
[3] François Mairesse (ed.), Dictionary of Museology, ICOM, Routledge, London and New York 2023, pp.61-62 e p. 71.
[4] Id., p.71.