Carlo Goldoni e la democrazia del volto

Autori

DOI:

https://doi.org/10.4000/mimesis.225

Parole chiave:

Carlo Goldoni, democrazia

Abstract

Il saggio, nel solco degli studî su attivismo politico e performance, affronta la modalità democratica con cui Carlo Goldoni riscatta la vita soffocata dei subalterni attraverso una lingua e una invenzione teatrale capaci di smascherare ciò che nel passato è stato nascosto e silenziato: il volto. A partire dall’intuizione di Antonio Gramsci su Goldoni democratico prima della democrazia, lo studio raccoglie un ampio spettro della teoresi scenica intorno ai valori culturali all’opera nella scoperta del volto dell’interprete, e contro l’uso della maschera, da cui deriva l’esperienza intuitiva di un’idea di democrazia futura come affrancamento culturale, e come osservazione e riflessione della differenza nell’incontro mimetico con l’altro. Il tragitto evoca e comprende scritti di Luigi Riccoboni, Jean-Georges Noverre, La Clairon, Pietro Napoli Signorelli, Francesco Righetti, Giuseppe Compagnoni e Giovanni Angelo Canova. Tale scoperta della luce del volto come incontro dell’altro in Goldoni, che incarna il primato della vita come riconoscimento e partecipazione di una Europa illuminata e dei diritti, si disperde di fronte al dissidio tutto moderno fra le Sovranità. Non ci sarà più un volto a brillare per l’Europa dei confini e degli Stati-nazione delle democrazie liberali, così come si palesa in modo emblematico nel film Il volto (Ansiktet, 1958) di Ingmar Bergman. Solo forse da un’«année zéro» della «visagéité», come proposto da Gilles Deleuze e Félix Guattari, è possibile assegnare, a un’idea di corpo reticolare e nomade, la capacità di disfare il viso per evitare che la politica neghi, attraverso gerarchie trascendenti, il potere della vita. Un tale disegno reticolare sembra essersi completato in alcuni dissimili testi della scena performativa contemporanea, tra cui la pièce teatrale di Rainer Werner Fassbinder, Das Kaffeehaus ovvero “La bottega del caffè” da Carlo Goldoni (1969), e Visage (1961), «azione invisibile – tutta su nastro» di Luciano Berio per la voce di Cathy Berberian.

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Biografia autore

Stefano Tomassini

Ha studiato danza e teatro; insegna all’Università Ca’ Foscari Venezia e all’Università della Svizzera italiana di Lugano. Nell’area Italian Studies si è occupato di Paolo Beni, Lodovico Dolce, Pomponio Torelli, Carlo Goldoni, della metafora del teatro come peste nella letteratura occidentale, e di poesia del Novecento: Gian Piero Lucini e Elio Pagliarani. Nell´area Dance Studies si è occupato di Salvatore Viganò (Premio Marino Moretti 1999), di Enzo Cosimi, degli scritti coreosofici di Aurel M. Milloss, delle lezioni di Ted Shawn (insieme a Alessio Fabbro) e di libretti di danza sul mito di Adone. Nel 1998-1999 è stato Vaciago Fellow a UCL e Oxford; nel 2008-2009, Fulbright-Schuman Research Scholar presso la New York Public Library for the Performing Arts; nel 2010 Scholar-in-Residence al Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011-2012 Fellow dell’Italian Academy for Advanced Studies in America della Columbia University. Dal 2007 collabora con Choreographic Collision, progetto permanente di laboratorio coreografico organizzato in collaborazione con Arsenale della Danza de La Biennale di Venezia, sulla cui attività ha ideato e curato un libro/catalogo per Marsilio (2011).

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Pubblicato

2024-02-02

Come citare

Tomassini, S. (2024). Carlo Goldoni e la democrazia del volto. Mimesis Journal, 1(2), 18–40. https://doi.org/10.4000/mimesis.225

Fascicolo

Sezione

Riflessioni e ricerche