Questioni di storia delle arti performative in prospettiva mediamorfica, ovvero tecnopsicologica (14, 2, 2025)

2024-01-22

Dossier a cura di Fabrizio Deriu (Università degli Studi di Teramo) e di Roberta Ferraresi (Università degli Studi di Cagliari)

Nata nell’ambito della ricerca pratica e teorica sulle cosiddette “nuove tecnologie” elettroniche della comunicazione, la nozione di mediamorfosi ha trovato rapida e diffusa applicazione in diversi ambiti di studio, ad esempio negli studi sulla cultura popolare e, con particolare fortuna, in quelli sulla popular music [Middleton 1990; Blaukopf 1992; Agostini 2006]. Con il termine si indica il complesso processo mediante il quale nel tempo avvengono le trasformazioni dei mezzi di comunicazione, generalmente causate dalla complessa interazione e giustapposizione «di bisogni percepiti, pressioni competitive e politiche, e innovazioni sociali e tecnologiche [...] non è tanto una teoria, quanto uno stile di pensiero che riconduce a unità il processo evolutivo delle tecnologie dei mezzi di comunicazione. Anziché studiare ogni forma separatamente, siamo [...] incoraggiati a esaminare tutte le forme come parti di un sistema interdipendente, e a notare le somiglianze e le relazioni che esistono tra passato, presente e forme emergenti» [Fidler 1997].

Chiaramente affine è la fortunata nozione di remediation [Bolter – Grusin 1999], che sviluppa la celebre intuizione di McLuhan secondo la quale il contenuto di un medium è sempre un altro medium. Ogni medium, infatti, non opera isolatamente dal momento che si appropria di tecniche, forme e significati sociali di altri pre-esistenti media, in una logica non soltanto di competizione fra tecnologie vecchie e nuove ma anche dando luogo a un complesso processo in cui i vecchi media si rimodellano in risposta alle sfide poste dalle innovazioni tecniche.

Esposto con ancora maggiore lucidità, il principio è all’opera anche nella prospettiva di indagine “mediologica” perseguita dall’originale quanto controverso intellettuale francese Régis Debray [Debray 1991; 1992; 2000]. Lungi dall’essere un ramo della sociologia dei media (con la quale viene invece spesso confusa) la mediologia per Debray ha come oggetto le interazioni, presenti e passate, tra tecnica e cultura; e vuole essere essere una riflessione sulla traccia, l’archivio e la memoria, che può spaziare dalla storia antica alla contemporaneità, dalle prime forme di scrittura cuneiforme a Internet, dalla bicicletta ai grandi sistemi dell’immaginario culturale, allo scopo di illuminare tanto gli effetti simbolici delle innovazioni tecniche quanto le condizioni culturali delle svolte tecnologiche. Il suo obiettivo è comprendere come una rottura nei modi e nei metodi di trasmissione/trasporto delle informazioni e delle conoscenze suscita un cambiamento delle mentalità e dei comportamenti e, inversamente, come una tradizione culturale accoglie e assimila una innovazione tecnica. Analogamente alla mediamorfosi e nonostante il suffisso, la mediologia non ha la pretesa di porsi come una “nuova scienza”, ma si propone piuttosto come una metodologia di indagine consistente nel mettere in relazione un fenomeno storico con le mediazioni tecniche che lo hanno reso possibile. Ci si comporta da mediologi, osserva perciò Debray, ogni volta che si mettono in luce le correlazioni che uniscono un corpus simbolico (una religione, una dottrina, un genere artistico, una disciplina, ecc.), una forma di organizzazione collettiva (una chiesa, un partito, una scuola, un’accademia) e un sistema tecnologico di comunicazione (scrittura, stampa, registrazione, archivio e circolazione delle tracce).

La cornice epistemologica di riferimento, in un caso come negli altri, è costituita al fondo dalle ricerche inaugurate dal già citato Marshall McLuhan e dalla cosiddetta “Scuola di Toronto” sugli effetti sociali e psicologici dei media, con speciale attenzione alle complesse dinamiche che marcano nella storia delle civiltà umane le transizioni dall’oralità alla scrittura e dalle forme scritte alla comunicazione elettrica/elettronica [McLuhan 1962; 1964; Ong 1982]. Derrick de Kerckhove, allievo e continuatore del lavoro di McLuhan, ha riformulato l’argomento coniando le nozioni di psicotecnologie e di tecnopsicologia [de Kerckhove 1990; 1991, 2008]. Le prime sono quegli strumenti di pensiero e di espressione (quali appunto scrittura, stampa, foto-fono-cinematografia e contemporanei dispositivi digitali) che estendono la mente, così come le tecnologie “fisiche” estendono i diversi organi del corpo. La seconda è lo studio delle relazioni esistenti tra tecnologie e organizzazione mentale, in particolare l’analisi delle modalità mediante le quali le prime modificano il nostro ambiente e trasformano la mentalità delle persone che le utilizzano.

Esempio inaugurale di studio “tecnopsicologico” sono precisamente le ricerche di de Kerckhove [1981; 1982] sul rapporto tra invenzione dell’alfabeto fonetico greco e coevo sviluppo del teatro. Come l’autore stesso racconta, fu proprio McLuhan a indicargli la strada suggerendo l’idea che la tragedia non fosse una forma d’arte quanto piuttosto una tecnica di comunicazione inventata dai greci in risposta all’impatto dell’alfabeto fonetico, che condusse alla dissoluzione dell’antica identità tribale basata sulla trasmissione orale del sapere [de Kerckhove 2014; Havelock 1963 e 1986]. Il fatto che l’indagine “tecnopsicologica” abbia preso le mosse proprio a partire da un fenomeno relativo alla sfera delle arti performative pare – è il nostro forte sospetto – tutt’altro che una casualità, o una circostanza fortunata ma fortuita. Vero che nella concezione di McLuhan e della “Scuola di Toronto” l’insieme delle arti, nella loro totalità, rappresenta il “laboratorio culturale” dove gli artisti svolgono, con largo anticipo sul resto della società, il lavoro di interpretazione e di “metabolizzazione” degli effetti delle tecnologie sull’ambiente. Ma teatro e arti performative, in tale processo di appropriazione psicologica e culturale, offrono un terreno e uno strumento specialmente potenti nella misura in cui – per dirla con Benjamin – la loro materia di costruzione sono il corpo e il comportamento, cioè il gesto corporeo e il gesto labiale in quanto prime e più antiche manifestazioni della mimesi quale “fenomeno originario di ogni attività artistica”. D’altronde è fortissima la risonanza della prospettiva fin qui detta “tecnopsicologica” con l’ipotesi benjaminiana della storicità della percezione [Benjamin 1935; Hansen 2012; Pinotti – Somaini 2012].

Nonostante alcuni interessanti ma circoscritti studi, apparsi ad esempio nella letteratura critica shakespeariana [Ayers 1993; Guarino 2010] e intorno a stampa ed editoria teatrale in età moderna in Europa [Chartier 1999; Worthen 2006; Peters 2010], nonché le tre edizioni di un ambizioso ma piuttosto dispersivo manuale [la più recente: McConachie - Fisher Sorgenfrei – Nellhaus - Underiner 20163], ci sembra che in chiave “mediamorfico/mediologica” – oppure, se si preferisce, “tecnopsicologica” – la storia delle arti performative (teatro, danza e musica, ma anche forme e generi tecnicamente riproducibili, a partire dal cinema), in Occidente come altrove, possa costituire un campo di ricerca potenzialmente ricchissimo e in sostanza ancora assai poco esplorato.

«Mimesis Journal» invita pertanto a inviare proposte per saggi in lingua italiana o inglese a partire dalla prospettiva metodologica suggerita, su specifici casi di studio oppure su tematiche trasversali, di taglio preferibilmente storiografico ma senza escludere contributi teorici (cfr., di seguito, i suggerimenti bibliografici). Gli articoli saranno raccolti nel numero monografico 14.2 (dicembre 2025) curato da Fabrizio Deriu e Roberta Ferraresi.

Inviare la proposta a mimesis@unito.it, in forma di una breve sintesi (massimo 2000 caratteri spazi inclusi, in italiano e in inglese) corredata da una breve nota biografica dell’autrice/autore (massimo 500 caratteri spazi, inclusi). La scadenza per la presentazione delle proposte è il 31 luglio 2024; qualora accettata, la scadenza per la consegna del saggio completo è il 31 marzo 2025, in vista della pubblicazione sul numero 14, 2 (dicembre 2025).

Suggerimenti bibliografici

AGOSTINI, R., Origini, sviluppi e prospettive degli studi sulla popular music in Italia, in Deriu, F. – Privitera, M., Popular Music. Fare, ascoltare, insegnare, Aracne, Roma 2006, pp. 19-38.

ARTONI, A., Il sacro dissidio. Presenza, mìmesis, teatri d’Occidente, UTET Libreria, Torino 2005.

AUSLANDER, Ph., Liveness. Performance in a Mediatized Culture, Routledge, London and New York 20082 (prima ed. 1999).

AYERS, P.K., Reading, Writing, and Hamlet, in «Shakespeare Quarterly», 44, 1993, pp. 423-39.

BENJAMIN, W., Das Kunstwerk im Zeitalter seiner reproduzierbarkeit (zweite Fassung), in Id., Gesammelte Schriften, VII/1, Surkhamp Verlag, Frankfurt am Main 1989, pp. 350-384 (trad. it. L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (prima stesura dattiloscritta 1935-36), in Id. Opere complete VI. Scritti 1934-1937, Einaudi, Torino 2004, pp. 271-303.

BLAUKOPF, K, Musical Life in a Changing Society, Amadeus Press, Portland 1992.

BOLTER, J.D – GRUSIN, R., Remediation. Understanding New Media, The MIT Press, Cambridge-London 1999 (trad. it. Remediation. Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi, Guerini, Milano 2002).

CHARTIER, R., Publishing Drama in the Early Modern Europe, The British Library, London 1999 (trad. it. In scena e in pagina. Editoria e teatro in Europa tra XVI e XVIII secolo, Edizioni Sylvestre Bonnard, Milano 2001).

DEBRAY, R., Cours de médiologie générale, Gallimard, Paris 1991.

DEBRAY, R., Vie et mort de l’image, Gallimard, Paris 1992 (trad. it. Vita e morte dell’immagine. Una storia dello sguardo in Occidente, Editrice Il Castoro, Milano 1999).

DEBRAY, R., Introduction à la médiologie, PUF, Paris 2000.

DERIU, F., Performático. Teoria delle arti dinamiche, Bulzoni, Roma 2012.

DERIU, F., Mediologia della performance. Arti performatiche nell’epoca della riproducibilità digitale, Le Lettere, Firenze 2013.

DERIU, F., Forma sociale della psicologia alfabetica. Il teatro nell’ipotesi ‘neuroculturale’ di de Kerckhove, in «Between. Rivista di teoria e storia comparata della letteratura», vol. 4, n. 8, 2014. (http://ojs.unica.it/index.php/between/article/view/1328; ultimo accesso: 18 gennaio 2024).

DERRIDA, J., L’écriture et la différance, Seuil, Paris 1967 (trad. it. La scrittura e la differenza, Einaudi, Torino 1971).

FIDLER, R., Mediamorphosis. Understanding New Media, Pine Forge Press, Boston 1997 (trad. it. Mediamorfosi. Comprendere i nuovi media, Guerini, Milano, 2000).

GEMINI, L. – BRILLI, S., Gradienti di Liveness. Performance e comunicazione dal vivo nei contesti mediatizzati, Franco Angeli, Milano 2023.

GUARINO, R., Shakespeare: la scrittura nel teatro, Carocci, Roma 2010.

HANSEN, M. B., Cinema and Experience, University of California Press, Berkeley and Los Angeles 2012 (trad. it. Cinema & Experience. Le teorie di Kracauer, Benjamin e Adorno, Johan & Levy Editore, Milano 2013.

HAVELOCK, E.A., Preface to Plato, Harvard University Press, Cambridge, Mass. 1963 (trad. it. Cultura orale e civiltà della scrittura, Laterza, Roma-Bari 1973).

HAVELOCK, E.A., The Muse Learn to Write. Reflections on Orality and Literacy from Antiquity to the Present, Yale University Press, New Haven and London 1986 (trad. it. La Musa impara a scrivere. Riflessioni sull’oralità e l’alfabetismo dall’antichità al giorno d’oggi, Laterza, Roma-Bari 1987).

KERCKHOVE, D. de, A Theory of Greek Tragedy, in «Sub-Stance», n. 29, may 1981, pp. 23-36.

KERCKHOVE, D. de, Écriture, théâtre et neurologie, in «Ètudes Françaises», vol. 18, n. 1, 1982, pp. 109-128.

KERCKHOVE, D. de, The Alphabet and the Brain, Springer Verlag, Berlin-Heidelberg 1998.

KERCKHOVE, D. de, La civilisation vidéo-chrétienne, Éditions Retz/Atelier Alpha Blue, Paris 1990 (trad. it. La civilizzazione video-cristiana, Feltrinelli, Milano 1995).

KERCKHOVE, D. de., Brainframes. Technology, Mind and Business, Bosch & Keuning, Utrecht 1991 (trad. it. Brainframes. Mente, tecnologia, mercato, Baskerville, Bologna 1993).

KERCKHOVE, D. de, Dall’alfabeto a Internet. L’ “homme littéré”: alfabetizzazione, cultura, tecnologia, Mimesis Edizioni, Milano-Udine 2008.

KERCKHOVE, D. de, Psicotecnologie connettive, Egea, Milano 2014.

LORD, A., The Singer of Tales, Harvard University Press, Cambridge, Mass. 1960 (trad. it. Il cantore di storie, Argo, Lecce 2005).

MANOVICH, L., The Language of New Media, The MIT Press, Cambridge-London 2001 (trad. it. Il linguaggio dei nuovi media, Olivares, Milano 2002.

MIDDLETON, R., Studying Popular Music, Open University Press, Buckingham 1990 (trad. it. Studiare la popular music, Feltrinelli, Milano 1994).

McCONACHIE, b. - FISHER SORGENFREI, C. – NELLHAUS, T. - UNDERINER, T., Theatre Histories. An Introduction, Routledge, London & New York 20163 (edizioni precedenti:  ZARRILLI, P.B. – McCONACHIE, B. – WILLIAMS, G.J. - FISHER SORGENFREI, C., 20061 e 20102).

McLUHAN. M., The Gutenberg Galaxy. The Making of Typographic Man, University of Toronto Press, Toronto 1962 (trad. it. La galassia Gutenberg, Armando Editore, Roma 1976).

McLUHAN. M., Understanding Media, McGraw-Hill, New York 1964 (trad. it. Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano 1967).

ONG, W., Orality and Literacy. The Technologizing of the Word, Methuen, London and New York 1982 (trad. it. Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Il Mulino, Bologna 1986).

PETERS, J.S., Theatre of the Books 1480-1880. Print, Text, and Performance in Europe, Oxford University Press, Oxford 2010.

PINOTTI A. - SOMAINI, A., Introduzione, in Benjamin, W., Aura e choc. Saggi sulla teoria dei media, antologia a cura di A. Pinotti e A. Somaini, Einaudi, Torino 2012, pp. IX-XXXI.

STALLYBRASS, P. - CHARTIER, R. - MOWERY, J.F.  WOLFE, H., Hamlet’s Tablets and the Technologies of Writing in Renaissance England, in «Shakespeare Quarterly», 55, 2004, pp. 379-419.

WORTHEN, W. B., Print and the Poetics of Modern Drama, Cambridge University Press 2006.