“Apocalypse now”? Né ora né mai
Pensare la postmodernità infinita
DOI:
https://doi.org/10.13135/2036-542X/7571Parole chiave:
Apocalypse, image, media reality, simulacra, deferred doosmday, writing of time/time of writingAbstract
Lo scopo di questo articolo è duplice. Il primo è quello di indicare come la cosiddetta società dei consumi dell'Occidente si stia gradualmente trasformando in un mercato mediatico globale omogeneo all'interno di un web sempre più mobile, dove gli schemi sociali e semantici si interscambiano per costruire sui diversi mondi vitali un sistema di segni mediatici: un sistema che propone, allo stesso tempo, l'incombente possibilità di una distruzione totale dell'umanità e la paradossale sicurezza che si tratti di un evento che non accadrà mai. Il secondo obiettivo è proporre una fondazione ontologica di questa dinamica contraddittoria, discutendo le pratiche di scrittura (sensu lato) dell'Apocalisse e il suo costante rinvio. Il saggio presta particolare attenzione al Libro dell'Apocalisse di San Giovanni, interpretandolo come un modello perenne di ricostruzione della realtà, attraverso la disgiunzione delle estasi temporali e degli ordini sensoriali (vedere, udire, toccare il Messaggio), che esprimono qualcosa di letteralmente inimmaginabile: la fine assoluta del tempo.