Sulle tracce delle guaritrici nel Cinquecento e primo Seicento attraverso la lente del teatro shakespeariano

Autori

  • Margaret Rose Università Statale Milano

DOI:

https://doi.org/10.13135/2724-4954/7173

Parole chiave:

peste, guaritrici, teatro, Inghilterra, Shakespeare

Abstract

In un ormai famoso scritto del 1928, Una stanza tutta per sé, l’autrice inglese Virginia Woolf immagina che una sorella di Shakespeare avesse intrapreso la carriera teatrale: carriera però rimasta senza successo. Secondo la Woolf, ciò fu dovuto al fatto che all’epoca le donne erano escluse dai teatri. Nel Cinque e Seicento la situazione era simile in tutte le professioni, con qualche eccezione nel campo della storiografia e della medicina. Questo saggio indagherà sulla vicenda delle cosiddette ‘wise women’ o ‘herb women’, ma anche di altre donne che in Inghilterra avrebbero potuto iscriversi a Oxford o Cambridge per studiare medicina se il Royal College non si fosse opposto. Per la nostra analisi ci riferiremo in particolare a due testi shakespeariani, Amleto e Tutto è bene quel che finisce bene, in cui due figure femminili, Ofelia e Elena, sono interessanti per il nostro discorso: Ofelia dimostra una conoscenza delle erbe a livello curativo e simbolico, mentre Elena ha imparato la professione dal padre, un rinomato medico.

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Pubblicato

2022-09-12

Fascicolo

Sezione

Saggi e studi