Humanitas dei giudici, colpevolezza dell’imputato in alcune orazioni ciceroniane?
DOI:
https://doi.org/10.13135/2532-5353/7267Abstract
In Off. 2, 51, Cicerone dichiara che, in nome del concetto di humanitas, vanno difesi anche imputati colpevoli. Retrospettivamente, constatiamo come egli avesse fatto esplicito appello all’humanitas dei giudici in cinque orazioni (Pro Cluentio, Pro Balbo, Pro Archia, Pro Sulla e Pro Caelio) per cui la critica concorda sul fatto che gli elementi concreti per le argomentazioni difensive fossero pochi e l'innocenza degli imputati tutt'altro che scontata. Pur non volendo giungere alla conclusione che, nel 44 a.C., Cicerone in qualche modo ammetta che il ricorso esplicito all'argomento humanitas in alcuni processi di anni precedenti fosse conseguenza della colpevolezza degli imputati, questo contributo intende mostrare come e perché per tutte le suddette orazioni l’humanitas costituisca un collante o, al contrario, un elemento di separazione tra i giudici e altre parti coinvolte nel processo. Emergerà quindi che l'humanitas risulta, in definitiva, un'arma retoricamente molto efficace, che distrae i giudici dal nocciolo della questione, lusingandoli con accostamenti illustri (a Pompeo, ad un grande? poeta, a Cicerone stesso) e/o separandoli nettamente da reietti (Oppianico, Sassia) o dagli accusatori (Manlio Torquato, Erennio).
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