Difference Is Not Indifference: Cicero and Modern Japan
DOI:
https://doi.org/10.13135/2532-5353/5501Abstract
Mentre Varsavia celebrava il trentesimo anniversario della sua liberazione dal regime totalitario, facendo nuovamente appello all’ideale repubblicano tramandato da Cicerone, il Giappone era immerso in un’atmosfera celebrativa per la successione imperiale, nella quale al figlio dell’imperatore Hirohito (deceduto nel 1989) doveva subentrare suo nipote consolidando la recente invenzione di un’antica tradizione. Se l’Europa moderna trova le sue origini nel Rinascimento e nella Riforma (vale a dire il rinnovamento critico del passato sia classico che cristiano) in contrasto con lo scenario di arretratezza del Medioevo, il Giappone moderno, fondamentalmente un risultato della misura d’emergenza presa in reazione all’impetuosa ondata di colonizzazione ad opera dell’Occidente, non può che essere una miscela di ingredienti disparati. Premesso che una rapida occidentalizzazione costituiva un prerequisito, altrettanto fondamentale era il consolidamento spirituale dell’identità nazionale. A questo punto sorge l’idea di rinnovare l’antica istituzione imperiale in una forma moderna di monarchia assoluta, individuando nello Shintoismo una sorta di religione nazionale. In tali circostanze, la sorte della ricezione dell’Arpinate non necessita di spiegazioni. Eppure ciò non esclude completamente la possibilità che una prospettiva intellettuale peculiare del Giappone moderno possa contribuire a una migliore comprensione di Cicerone: se Cicerone è stato marginalizzato, come certamente è tuttora, nella visione tradizionale della filosofia, vale a dire nella cosiddetta tradizione europea della metafisica, la modernità giapponese, con il suo radicato retroterra di politeismo non metafisico, si trova nelle condizioni di intervenire per una negoziazione ermeneutica.
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