Giuseppe Jona, un clinico anatomopatologo veneziano del primo Novecento
DOI:
https://doi.org/10.13135/2724-4954/5352Parole chiave:
Shoah, leggi raziali, anatomia patologica, fascismo, suicidioAbstract
Giuseppe Jona, medico veneziano nato nel 1866, fu anatomopatologo prima presso l’Università di Padova e successivamente presso la Seconda divisione medica dell’Ospedale Civile di Venezia, dove introdusse e ampliò la pratica autoptica secondo la tradizione già presente nella Serenissima, che assunse importante ruolo didattico con la costituzione di un Museo anatomopatologico. Insegnò nel corso di anatomia topografica e patologica nella Scuola pratica di medicina e chirurgia veneziana, sempre seguendo un approccio anatomo-clinico di tipo pratico. Fu socio dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti; fu inoltre presidente dell’Ateneo veneto dal 1921 al 1925. Nel 1936 si ritirò in pensione, senza mai dimenticare i bisognosi, fedele alla qualifica guadagnata sul campo di “medico dei poveri”. Le leggi razziali del 1938 prima e la cancellazione dall’Albo dei medici nel 1940 poi gli impedirono qualsiasi attività professionale. Il suo impegno sociale tuttavia non venne meno e assunse l’incarico di Presidente del Consiglio di amministrazione della comunità ebraica di Venezia. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 Venezia venne occupata dalle truppe tedesche. Per evitare di dover collaborare e fornire i nominativi dei componenti della comunità ebraica destinati allo sterminio, Jona decise di togliersi la vita il 16 settembre 1943. Il suo ultimo pensiero fu per “la fede in un giorno di giustizia”, quella giustizia che aveva costantemente ispirato la sua vita di uomo e di medico.