Le ragioni del fallimento della guerra lampo di Putin
Abstract
Dopo più di un mese dall’inizio dell’offensiva russa in Ucraina, l’interpretazione più condivisa dagli analisti internazionali è il fallimento della Blitzkrieg di Putin. La cosiddetta “operazione speciale” russa avviata il 24 febbraio prevedeva un rapido e coordinato attacco concentrato sulla presa simultanea di città chiave (la capitale Kiev, Kherson nel sud, Kharkiv a nord-est e Mariupol a sud-est), aeroporti (in primis quello di Hostomel, nei pressi di Kiev) e infrastrutture critiche (sopra tutte la centrale nucleare di Zaporizhzhia).
Un attacco lampo, per essere vittorioso, si fonda sul successo in quattro dimensioni chiave. La prima di queste è la soppressione delle difese aeree dell’avversario, ottenuta per mezzo di missioni SEAD (Suppression of Enemy Air Defenses). In questa dimensione, lo sforzo esercitato dai Russi è stato non debilitante per le difese ucraine. I principali motivi del fallimento sono stati l’inesperienza dell’aeronautica russa nel condurre questo tipo di operazioni, e il fatto che siano concepite dallo stato maggiore come missioni tattiche invece che come operazioni aeree indipendenti che richiedono capacità e risorse dedicate: ciò ha comportato la mancanza di addestramento specialistico dei piloti e la conseguente criticità nel coordinamento del fuoco aereo tra le forze terrestri e l’aeronautica militare.
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