Evidence and problematicity in Carlo Mazzantini's thought
DOI:
https://doi.org/10.13135/2704-8195/3975Abstract
Sono trascorsi quarant’anni dalla morte di Carlo Mazzantini. Un periodo lungo che, se non ha attenuato in chi ne è stato studente e allievo la memoria del professore di filosofia credo più amato dell’università italiana, né ha alleviato il vuoto lasciato dal pensatore tanto originale e di personalità così spiccata, accresce il desiderio di vedere riproposte al dibattito odierno le sue tesi: recuperate da una “solitudine” che, per quanto consona alla libertà e all’indipendenza legate alla stessa originalità del pensiero, fu subita molto più che voluta, nonostante non siano mancati riconoscimenti, cure editoriali e studi, compiuti e promossi soprattutto da allievi, e si siano delineati con precisione aspetti centrali di un pensiero sempre approfondito e arricchito in una linearità fondamentale. L’attenzione critica ha colto – come non poteva non essere – soprattutto gli aspetti metafisici, riconducibili ai temi della “filosofia perenne”, dell’ellenismo e della cattolicità, della virtualità ontologica, della rivelatività-dicibilità dell’essere e del legame dell’evidenza col mistero, dell’inscindibilità del nesso teorico-storico, dell’incontro con l’esistenzialismo, nell’arricchimento progressivo personalissimo di alcuni principi fondamentali, classici e spiritualistici. E ha mostrato la complessità delle radici, la sensibilità culturale, la fecondità di una prospettiva che pure si apriva in una semplicità essenziale, tanto difficile da definire (senza ridurla a schematicità) quanto corrispondente alla profondità e alla finezza della visione: salda e insieme sfumata e aperta, come solo la pagina – intensa nella sintesi – e meglio ancora la parola viva – limpida e suggestiva, filosoficamente precisa e poeticamente evocatrice – di Mazzantini poteva esprimerla. La crescente complessità, e anche l’aperta drammaticità, del pensiero dell’ultimo decennio dava compimento a un percorso complessivo che mi sembra più coerente di quanto Mazzantini stesso non avesse voluto riconoscere, legando – forse più che dividendo – la fase dell’esordio (che gli era ancora cara, in un ritorno alla speranza dalla certezza della ragione) alla successiva neotomistica.