https://ojs.unito.it/index.php/vde/issue/feed La Valle dell'Eden 2024-08-09T17:01:32+02:00 Giulia Muggeo giuliafrancesca.muggeo@unito.it Open Journal Systems <p>Semestrale di cinema e audiovisivi</p> https://ojs.unito.it/index.php/vde/article/view/10819 L’immagine algoritmica: abbozzo di un lessico 2024-07-24T15:43:05+02:00 Ruggero Eugeni ruggero.eugeni@unicatt.it Roberto Diodato roberto.diodato@unicatt.it 2023-12-20T00:00:00+01:00 Copyright (c) 2023 Ruggero Eugeni, Roberto Diodato https://ojs.unito.it/index.php/vde/article/view/10820 La finestra algoritmica sulla realtà 2024-07-24T15:43:08+02:00 Andrea Rabbito rabbito.andrea@gmail.com <p><span style="font-weight: 400;">La centralità del dispositivo negli studi sull’immagine ha messo in luce quanto quello che Belting chiama “mezzo ospitante” abbia un ruolo di primaria importanza nella regolamentazione della vita dei propri utenti. I dispositivi “parlano”; e nello stesso tempo suggeriscono, organizzano, invitano a “vedere” e, conseguentemente, “a fare”. L’economia del visuale diviene così economia dell’immaginario, per le ricadute che l’immagine ha su quest’ultimo, come Morin ha attentamente indagato nella sua tetralogia sulle immagini tecniche. Particolare, a riguardo, risulta il modo in cui vengono proposte e fatte circolare le immagini all’interno della dimensione degli algoritmi che strutturano i motori di ricerca e i social network. L’intervento che si propone intende partire proprio dalla logica che caratterizza questi algoritmi – che organizzano una specifica proposta all’utente, che ne rispecchia gusti e visione del reale –; il fine è duplice: da un lato, si intende indagare questa specifica forma di “new visual regime” realizzato per mezzo dall’immagine operativa legata all’algoritmo; dall’altro, si intende mettere in luce l’importanza di alcuni studi sul visuale che si propongono di sviluppare quelle che Mirzoeff definisce “strategie” contro “l’impiego politico”, denunciato da Bredekamp, che viene fatto delle immagini tecniche in dialogo, in questo caso, con l’algoritmo.</span></p> 2023-12-20T00:00:00+01:00 Copyright (c) 2023 La Valle dell'Eden https://ojs.unito.it/index.php/vde/article/view/10822 Fantasmi algoritmici 2024-07-24T15:43:15+02:00 Bruno Surace b.surace@unito.it <p><span style="font-weight: 400;">Nell’ambito dello sviluppo contemporaneo di tecnologie algoritmiche il campo della produzione o della manipolazione di immagini costituisce un laboratorio non solo tecnico, ma anche sociologico, etico ed estetico. Con l’avvento di applicazioni che consentono in pochi passaggi di elaborare video </span><em><span style="font-weight: 400;">deepfake</span></em><span style="font-weight: 400;"> si è ad esempio messa in seria discussione quell’indessicalità che il senso comune attribuiva, quasi spontaneamente, ai materiali fotografici e audiovisivi; al contempo, è stato necessario ampliare il dibattito dei diritti associati alle immagini, e delle responsabilità che occorrono nella loro manipolazione automatizzata. In questo frangente si rendono particolarmente cogenti fenomeni di “resurrezione digitale”, tanto nell’ambito dell’utilizzo domestico dei nuovi algoritmi, quanto in quello della produzione cinematografica ad ampio budget. Sul primo caso, si pensi a quelle app che consentono di animare volti fotografati, così consentendo ad esempio alle immagini in bianco e nero dei nostri antenati di “prendere vita”, di assumere un qualche tipo di motilità per noi spesso inedita. Nel secondo caso invece basti considerare vere e proprie operazioni di resurrezione, al contempo di personaggi e di attori, come è avvenuto per il caso della principessa Leila e del Grand Moff Tarkin in </span><em><span style="font-weight: 400;">Star Wars</span></em><span style="font-weight: 400;">, i cui volti degli attori sono tornati a vivere sul grande schermo nonostante </span><em><span style="font-weight: 400;">de facto</span></em><span style="font-weight: 400;">, tali attori fossero morti da tempo. Questo nuovo orizzonte, in cui l’algoritmo è messo a disposizione della produzione audiovisiva, richiede un’indagine di tipo filogenetico (l’idea dell’immagine fantasmatica è in realtà di ben più antiche origini) e ontogenetico, capace cioè di rilevarne le nuove specificità in seno alle contemporanee culture audiovisive. </span></p> 2024-07-24T10:54:31+02:00 Copyright (c) 2023 Bruno Surace https://ojs.unito.it/index.php/vde/article/view/10825 Immagini, algoritmi e social media: appunti per una prospettiva di studio interdisciplinare 2024-07-24T15:43:21+02:00 Elisabetta Locatelli elisabetta.locatelli@unicatt.it <p><span style="font-weight: 400;">I </span><em><span style="font-weight: 400;">visual social media</span></em><span style="font-weight: 400;"> (es. Instagram, TikTok e YouTube) sono come uno dei fenomeni più interessanti tanto della cultura visuale contemporanea (Pinotti, Somaini, 2016) quanto dell’“algorithmic turn”. In essi, infatti, la relazione fra dispositivi e apparati, immagini (fisse e in movimento), pratiche sociali e algoritmi risulta “ontogenetica” nella misura in cui tutte queste componenti sono indispensabili per la sussistenza del sistema posto in opera dalle piattaforme. Gli algoritmi agiscono nella fruizione delle immagini che vengono fatte circolare secondo logiche specifiche (Van Dijck, Poell e De Waal, 2018), e nella loro produzione, ad esempio attraverso i filtri di realtà aumentata (Eugeni 2022) condizionandone i regimi di visibilità e di discorso, le pratiche sociali e i contesti culturali.&nbsp;</span></p> <p><span style="font-weight: 400;">Tale complessità rende necessario adottare un approccio multidisciplinare (Sturken, Cartwright 2018) non riduzionistico. Partendo quindi dalla prospettiva sociologica e riprendendo il lavoro di Gemini (2015) e la proposta metodologica di Rose (2016), il saggio ha l’obiettivo di mostrare come l’analisi delle immagini sui social media possa attivare discipline contigue, quali sociologia visuale, estetica e semiotica.&nbsp;</span></p> <p><span style="font-weight: 400;">La prima parte del saggio sarà dedicata a una riflessione teorica finalizzata a costruire un modello multidisciplinare per l’analisi delle immagini sui </span><em><span style="font-weight: 400;">visual social media </span></em><span style="font-weight: 400;">e in particolare del loro legame con gli algoritmi (es. filtri, assemblaggi algoritmici attraverso hashtag o suggerimenti) con l’obiettivo di attivare una comprensione profonda fra pratiche sociali, immaginari, forme culturali, idee estetiche (es. ideale di bellezza o di armonia), forme e strategie discorsive e retoriche; nella seconda parte questa prospettiva verrà applicata alle sollecitazioni che provengono dalla rappresentazione del corpo materno su Instagram, un caso di studio emblematico per i significati sociali, culturali ed estetici che racchiude.</span></p> 2023-12-20T00:00:00+01:00 Copyright (c) 2023 Elisabetta Locatelli https://ojs.unito.it/index.php/vde/article/view/10826 Culture visuali tra umano e macchina: i captcha e il ruolo dell’immagine nelle interazioni tra utenti e sistemi algoritmici 2024-07-24T15:43:29+02:00 Simone Natale simone.natale@unito.it <p class="p1"><span style="font-weight: 400;">I CAPTCHA sono una misura di sicurezza utilizzata nella rete per stabilire se la richiesta di&nbsp; accedere a un servizio o a una pagina arriva da un utente umano o da un programma&nbsp; informatico. Uno dei metodi più comuni in questo senso si basa sul riconoscimento delle&nbsp; immagini: vengono sottoposte all’utente una serie di fotografie, tra cui selezionare ad&nbsp; esempio quelle in cui compare una bicicletta o una nave. Oltre a essere onnipresenti nella&nbsp; rete, i CAPTCHA rappresentano un eccezionale punto di ingresso per comprendere alcune&nbsp; delle implicazioni delle interazioni tra umani e sistemi algoritmici nelle società&nbsp; contemporanee. L’articolo si concentrerà in particolare su due aspetti cruciali. In primo&nbsp; luogo, come un Test di Turing alla rovescia (l’acronimo CAPTCHA significa infatti </span><em><span style="font-weight: 400;">Completely&nbsp; Automated Public Turing test to tell Computers and Humans Apart</span></em><span style="font-weight: 400;">), i CAPTCHA richiamano&nbsp; le crescenti difficoltà di distinguere tra umani e macchine. Tale difficoltà è destinata a&nbsp; diventare sempre più cruciale mano a mano che le tecnologie di Intelligenza Artificiale&nbsp; acquisiscono la capacità di simulare forme di comunicazione tradizionalmente attribuite ad&nbsp; esseri umani, tra le quali le immagini, oltre al linguaggio, sono destinate ad assumere un&nbsp; ruolo sempre più decisivo. In secondo luogo, i CAPTCHA sono oggi non solo una misura di&nbsp; sicurezza ma anche un sistema di addestramento utile a migliorare i software di riconoscimento visuale basati sulle reti neurali. In questo senso, essi ci stimolano a&nbsp; considerare come le competenze visuali di singoli utenti vengano mobilitate da sistemi&nbsp; algoritmici al fine di fornire i dati necessari a riprodurre meccanicamente queste stesse&nbsp; competenze. </span></p> 2023-12-20T00:00:00+01:00 Copyright (c) 2023 Simone Natale https://ojs.unito.it/index.php/vde/article/view/10827 Immagini algoritmiche come prove visive 2024-07-24T15:43:36+02:00 Rosa Cinelli rosa.cinelli@unimi.it <p class="p1">Sebbene se ne sia molto rumoreggiato, "il deserto del reale" non è (ancora?) qui. Dopo varie rivoluzioni tecnologiche, lo statuto epistemologico della prova visiva sembra, infatti, riformularsi su nuove basi: oggi, nonostante la potenziale onnipresenza della manipolazione, non soltanto il campo del giornalismo fa ancora ampio uso di immagini meccaniche di ogni tipo e fattura, ma il repertorio di ciò che è assimilabile ad una prova visiva sembra addirittura stare ampliandosi. Di fatto, il giornalismo immersivo in Realtà Virtuale, la CGI e le immagini <em>AI-powered</em> (come la <em>machine vision</em>) fanno sempre più spesso la loro comparsa come mezzi di informazione. Si delinea insomma un vasto panorama in cui le immagini <em>lens-based</em> si fondono sempre più con quelle <em>computer-generated</em>, creando configurazioni capaci di rimodellare i regimi della visualità insieme alla nostra economia dell'informazione. Quale legame esiste tra visibilità, fattualità e attestazione? Le immagini algoritmiche possono ancora definirsi ‘fatti per immagine’? Se sì, a quali condizioni? Il paper indagherà i rapporti tra algoritmi e prove visive, ponendo particolare attenzione alla mutevole economia della visualità postfotografica.</p> 2023-12-20T00:00:00+01:00 Copyright (c) 2023 Rosa Cinelli https://ojs.unito.it/index.php/vde/article/view/10831 Wor(l)d-Image Trans-formation: Looking through DALL-E 2 and Midjourney 2024-07-24T15:53:31+02:00 Natalia Stanusch n.b.stanusch@uva.nl <p class="p1">Walter Benjamin rifletteva sul rapporto tra immagine e didascalia, chiedendosi se la didascalia sarebbe diventata l'elemento più significativo di un'immagine. E se la didascalia diventasse l'immagine? La relazione tra didascalia e immagine è stata aperta a una nuova esplorazione dai recenti modelli di generazione di testo-immagine dell'intelligenza artificiale (IA), come DALL-E 2 e Midjourney. Modelli come DALL-E 2 e Midjourney generano immagini quando l'utente invia una richiesta scritta, anche una sola parola o una frase. Seguendo il concetto di cosmotecnica di Yuk Hui e il paradigma post-umanista di Joanna Zylinska, questo lavoro analizza DALL-E 2 e Midjourney come tecnologie della visione che offrono un'apertura e una chiusura alla nozione greca di techné nel XXI secolo. In primo luogo, DALL-E 2 e Midjourney sono discussi come generatori algoritmici di un dizionario visivo già stabilito. La generazione algoritmica di immagini viene quindi criticata in quanto riconfigura l'immaginazione umana attraverso un doppio processo di razionalizzazione (linguaggio - calcolo - immagine) e minaccia la sensibilità umana. In secondo luogo, DALL-E 2 e Midjourney sono discussi come entità non umane in grado di superare i modi di vedere umani. Seguendo la relazione intrinseca tra arte e tecnologia, la seconda parte di questo articolo si concentra su se e come una nuova sensibilità del “fuori” possa essere raggiunta attraverso tecnologie come Midjourney e DALL-E. Si sostiene che tali modelli abbiano la possibilità di consentire un ulteriore coinvolgimento visivo.</p> 2023-12-20T00:00:00+01:00 Copyright (c) 2023 Natalia Stanusch https://ojs.unito.it/index.php/vde/article/view/10833 Note sull’ecdotica digitale del film 2024-07-24T15:43:51+02:00 Andrea Mariani andrea.mariani@uniud.it <p class="p1">Muovendo dalla pratica del restauro cinematografico in ambiente digitale e da alcuni casi di ricostruzione testuale di film effettuati a partire da copie digitali, l’articolo intende riflettere sulle implicazioni teoriche e critiche profonde della produzione di artefatti digitali mediante scanner, all’interno del cosiddetto processo di “digital intermediate” durante la preservazione del film. In particolare l’articolo intende riflettere sulla riqualificazione della nozione di “innovazione” e di “errore” nel campo della filologia, quando si prendono in considerazione dei “testimoni” digitali di un film analogico. Come già sottolineato da Barbara Flueckiger (2018), lo scanner e il setting impostato per l’operazione di rimediazione (Bolter-Grusin 2003) e transfer digitale di un’immagine analogica, non garantiscono una trasmissione neutra delle informazioni contenute sul supporto analogico di partenza; lo scanning, al contrario, e il software ad esso associato, determinano continue innovazioni, aggiustamenti e correzioni delle informazioni trasmesse nel momento della digitalizzazione. Come sottolineato da Matthew Kirshenbaum (2008), infatti, è iscritto nella natura stessa del digitale il “formattare” output perfetti da input imperfetti, “normalizzando” se non proprio “restaurando” automaticamente il segnale in ogni fase dell’operazione. Tale premesse devono dunque portarci ad argomentare ulteriormente il peso di quella che potremmo definire come l’“autorità” dello scanner, le cui azioni “blackboxed” impattano – prima di qualsiasi intervento umano - sull’apparenza del testo filmico nella sua veste digitale e ne modificano i caratteri formali. Fino a che punto possiamo qualificare l’istanza attiva – o l’“autorità” – dello scanner nelle modifiche apparenti del testo filmico risultante dall’operazione di transfer digitale? Come qualificare in termini critici le innovazioni introdotte dallo scanner nell’immagine rimediata? A che condizioni posso parlare di una copia digitale attendibile di un film analogico? A completamento degli argomenti, l’articolo rifletterà anche a partire da alcuni esperimenti condotti recentemente come forma di “un-boxing” delle operazioni di “restoring” automatico che il software associato allo scanning attiva nella trasmissione del dato (Kromer 2022): ovvero l’impiego di specifici codec che, bypassando la normalizzazione del dato, abilitano l’accesso al raw data. Lungi dal voler essere un contributo eccessivamente tecnico, l’articolo rifletterà sulle implicazioni di ordine critico ed estetico del considerare lo scanner come un’infrastruttura “innovatrice” del testo che non ha ancora ricevuto sufficiente attenzione teorica e speculativa.</p> 2023-12-20T00:00:00+01:00 Copyright (c) 2023 Andrea Mariani https://ojs.unito.it/index.php/vde/article/view/10834 Arte e innovazione 2024-07-24T15:44:01+02:00 Valentino Catricalà valentino.catricala@gmail.com <p class="p1">Il rapporto tra arte e innovazione è un binomio ancora poco esplorato. La maggior parte delle operazioni artistiche oggi si sviluppa attraverso tecnologie complesse, incorporando così media che stanno cambiando radicalmente le nostre società. Il rapporto con la tecnologia implica alcune riflessioni diverse rispetto ai media tradizionali che, inevitabilmente, oltre ad aprire un dialogo con i media studies, si interfacciano con gli innovation studies. L'innovazione è la disciplina che studia lo sviluppo economico, tecnico e sociale del progresso tecnologico. Il saggio vuole essere una prima introduzione alle relazioni tra arte e innovazione. Dopo un'introduzione sull'importanza di affrontare il medium in modo nuovo attraverso gli studi di storia dell'arte, si svilupperà un parallelismo tra gli studi sull'innovazione tecnologica e gli studi sull'arte e sui media, un parallelo innovativo che ci permette di aprire nuovi percorsi interpretativi.</p> 2023-12-23T00:00:00+01:00 Copyright (c) 2023 Valentino Catricalà https://ojs.unito.it/index.php/vde/article/view/10835 Archaelogy of the postphotographic image 2024-08-09T17:01:32+02:00 Barbara Grespi barbara.grespi@unimi.it <p class="p1">Questo saggio si concentra su un aspetto chiave della fotografia contemporanea, o algoritmica: la sua autonomia rispetto alla visione umana. Questa caratteristica riguarda tanto il gesto fotografico, nei dispositivi più recenti sempre meno basato sul disciplinamento dell'occhio, quanto la natura stessa dell'immagine creata che, a causa degli algoritmi impiegati, non corrisponde più al percepito, all'istantaneo, al singolare. L'articolo traccia una possibile genealogia di questa versione apparentemente inedita della fotografia, ricostruendo il momento 196 astratti in cui la fotografia si svincola dall'atto del vedere. Ciò avviene nel contesto dell'astronomia di fine Ottocento, in cui una pratica già “digitale” della traccia ana-logica si afferma prima con la fotogrammetria e poi, grazie al lavoro delle donne “calcolatrici”, con la fotometria e la spettrometria. Il negativo della pellicola era qui interpretato come un archivio di dati non ottici, ma comunque utili per la creazione di mappe o diagrammi. Questi atti iconici - produzione di icone nei termini di Peirce - non corrispondenti ad atti visivi, ma pur sempre indicali per il loro legame esistenziale con i corpi celesti, possono anche rappresentare il modello semiotico delle immagini tecniche contemporanee, per le quali, di conseguenza, può essere ripristinata l'etichetta di post-fotografia.</p> 2023-12-23T00:00:00+01:00 Copyright (c) 2023 Barbara Grespi https://ojs.unito.it/index.php/vde/article/view/10836 Un cambiamento quasi impercettibile: arte e intelligenza artificiale 2024-07-24T17:16:39+02:00 Alice Barale alice.barale@unimi.it <p class="p1">L'intelligenza artificiale sta diventando una presenza sempre più pervasiva nelle nostre vite, anche se spesso la sua compagnia non viene percepita. Interagiamo con essa in molti ambiti diversi, a volte senza nemmeno rendercene conto. In questo contesto, uno degli obiettivi di questo articolo è dimostrare che fare arte dell'IA (ed esserne un attento spettatore) può essere un modo molto efficace per indagare su ciò che l'IA effettivamente è. Ma cos'è l'IA per l'artista? È solo uno strumento (come il pianoforte per il pianista o il pennello per il pittore)? Oppure è la macchina il vero artista? Come si vedrà, nessuna delle due affermazioni può essere corretta. L'IA oggi non è in grado di creare arte senza l'intervento umano (né ne sentirebbe il bisogno). La cosiddetta AGI (intelligenza artificiale generale) è ancora lontana. D'altra parte, il concetto stesso di IA implica, come si vedrà, l'idea di una crescente autonomia della macchina. Da questo punto di vista, l'IA non è come un pianoforte o una spazzola.</p> 2023-12-23T00:00:00+01:00 Copyright (c) 2023 Alice Barale https://ojs.unito.it/index.php/vde/article/view/10837 Per una rappresentazione del meteo globale: la piattaforma interattiva EARTH 2024-07-24T15:44:29+02:00 Chiara Rubessi chiara.23@alice.it <p class="p1">La tecnologia di visualizzazione dei dati ha reso visibili e comprensibili numerosi database e la questione dell'accesso, dell'analisi, dell'utilizzo e della visualizzazione dei dati è una delle sfide della società digitale. La rappresentazione dei fenomeni meteorologici, come i venti, le maree e le conseguenze ambientali come l'inquinamento, solleva una serie di domande sulle forme estetiche di visualizzazione utilizzate. Dal 2012 Beccario, ingegnere informatico, ha sviluppato la piattaforma interattiva EARTH, dedicata alla visualizzazione del tempo terrestre, offrendo agli utenti un'esperienza delle condizioni meteorologiche globali rilevate dai supercomputer. Come vengono rappresentati i dati che descrivono i fenomeni meteorologici? L'obiettivo è comprendere le strutture visive della piattaforma cogliendo la relazione tra i dati e la loro visualizzazione.</p> 2023-12-20T00:00:00+01:00 Copyright (c) 2023 Chiara Rubessi https://ojs.unito.it/index.php/vde/article/view/10838 Il tappeto, la mappa, le voci nell’opera di Studio Azzurro da Coro a Il confine dei corpi 2024-07-24T15:44:40+02:00 Francesca Pola pola.francesca@hsr.it <p class="p1">“Il confine dei corpi” è una delle più recenti opere interattive di Studio Azzurro (2021): si tratta di un tappeto abitato da immagini sensibili al nostro passaggio, una superficie fisicamente calpestabile, dove alla mappa come sistema di traiettorie subentrano tracce argillose di corpi che faticosamente si trascinano, sensibilizzano il proprio “confine”, si fanno pelle e affondo di materia originaria, attraversati delle voci di un grande altoparlante che li sovrasta. Se ne rintracciano le radici (non solo iconografiche) in un precedente lavoro di Studio Azzurro, Coro (1995): uno dei loro primi ambienti sensibili, dove è già tematizzata in senso significante e socializzante questa relazione tra tessitura simbolica e immaginifica del tappeto, mappa possibile di corpi e identità in movimento, vocalità ambigua e polivalente.&nbsp;&nbsp;</p> <p class="p1">L’articolo intende proporre una possibile lettura di questi lavori, secondo le coordinate proprie dell’“algorithmic turn”, concentrandosi in particolare sulle dinamiche dell’interazione tra corpo e immagine. Qui il corpo non è solo quello raffigurato ed evocato, ma quello che agisce nella rete di relazioni che si dispiegano tra le immagini, le voci, i movimenti e la fisicità di presenza che materialmente le connette. Si intende ad esempio prendere in esame, nelle loro dinamiche creative ed esperienziali, la componente vocale dell’immagine, il delinearsi e dissolversi di mappe di orientamento, l’affondo nella materialità dell’esperienza che innesca un “affetto”.&nbsp;</p> 2023-12-23T00:00:00+01:00 Copyright (c) 2023 Francesca Pola https://ojs.unito.it/index.php/vde/article/view/10839 Elogio dell’intervallo 2024-07-24T15:44:50+02:00 Laura Marcolini lauradelvuoto@gmail.com <p class="p1">L'“intervallo” passa inosservato, è considerato uno spreco, un momento subordinato. Un passaggio forse necessario ma non particolarmente degno di attenzione, proprio perché è un luogo dove l'attenzione cade o l'impegno si allenta. Il suo status lo rende un luogo interessante da indagare. Un luogo dove accade qualcosa che cambia un continuum. Qualcosa di inaspettato o di nascosto, qualcosa che suscita cambiamenti senza un soggetto modificatore. L'intervallo è presente in numerosi fenomeni fisiologici di cui non ci accorgiamo (dall'ammiccamento alla respirazione). A volte, però, la adottiamo come strategia consapevole per migliorare una condizione, un processo. L'abbiamo sempre utilizzata per dare forma a storie per immagini, dai polittici, ai fumetti, alle fotografie, alle videoinstallazioni. Nella storia dello Studio Az-zurro, ad esempio, l'intervallo è cambiato nel tempo con lo sviluppo delle forme di messa in scena e con le mutazioni tecnologiche. All'inizio del XX secolo, alcuni autori come Aby Warburg, Dziga Vertov... hanno approfondito il concetto di intervallo diventando uno dei fulcri del proprio lavoro e delle proprie pratiche di ricerca e di riflessione sulle immagini.</p> 2023-12-23T00:00:00+01:00 Copyright (c) 2023 Laura Marcolini